Come il Mentoring può aiutare i Mentee a sviluppare intelligenza emotiva e capacità relazionali per affrontare i cambiamenti organizzativi e professionali?
Il mentoring è uno strumento potente per la crescita professionale in quanto permette al Mentee di prendere consapevolezza del proprio potenziale e lo aiuta ad affinare le proprie capacità e migliorare le proprie prestazioni. L'importante è non confondere il Mentoring con il coaching e men che meno con un percorso psicologico, così da tarare correttamente le aspettative. Nel mentoring non ci si focalizza sul “risolvere” problematiche connesse alla vita personale come potrebbe avvenire in un dialogo con uno psicoterapeuta né su soluzioni nel breve-medio termine attraverso il metodo maieutico come potrebbe avvenire nel coaching. Ci si concentra invece sullo sviluppo professionale nel medio-lungo periodo. L’esempio che viene da una figura più senior (Mentor) e la condivisione della propria esperienza, può aiutare il Mentee ad affrontare cambiamenti che altrimenti, ad una prima esperienza professionale, potrebbero sembrare ostacoli insormontabili quando invece si tratta solo di fisiologici momenti di passaggio. Direi quindi che sia questa la chiave di risposta a questa domanda: condivisione di esperienza pregressa ed esempio concreto.
In che modo la tua esperienza nella gestione delle risorse umane ti ha aiutato a comprendere l'importanza del benessere mentale e della resilienza nei percorsi di crescita dei Mentee?
Il benessere mentale è un tema importante nell’intero ciclo di vita professionale, non solo nel percorso di crescita dei Mentee. Ho la fortuna di lavorare in un Gruppo che ha nel personal & mental wellbeing uno dei pilastri della sua strategia di people care, mettendo in atto una serie di iniziative dedicate per i dipendenti. Questa tematica, poi, è tanto più importante quando riferita ai più giovani, ovvero coloro che tipicamente approcciano un percorso di mentoring, sia per una diversa sensibilità e consapevolezza a riguardo sia perché una crescita professionale non può avvenire prescindendo dalla salute mentale e dalla capacità di resilienza. Quello che dico ai Mentee è: non sforzatevi di controllare tutto sempre. Ci sono cose, decisioni e avvenimenti che avvengono indipendentemente dalla vostra volontà. Quello che potete fare è indirizzare il vostro comportamento a seconda delle condizioni in cui vi trovate ad agire. Mi piace proporre questo esercizio pratico, attraverso il metodo dei diagrammi di Venn. Avete presente i famosi “cerchietti” che si incastrano tra loro che ci hanno insegnato alle elementari? Ecco, un cerchio rappresenta quel che sfugge al nostro diretto controllo, l’altro cerchio rappresenta ciò che invece è totalmente sotto il nostro controllo e la parte di intersezione è lo spazio di resilienza in cui impariamo a muoverci.
Quali strumenti consiglieresti a un Mentor per supportare i Mentee a navigare attraverso momenti di crisi personale o professionale?
Nessuno strumento. L’unico suggerimento che mi sentirei di dare è: non puoi sostituirti al tuo Mentee, anche se si è venuto a creare un rapporto stretto. Tutto quello che puoi fare è dargli un supporto con il tuo esempio. Il tuo Mentee deve sapere che ci sei e che può contare su di te, deve sapere che puoi offrirgli un modello di azione e di comportamento ma deve attraversare la sua crisi da solo poiché solo una volta superata, con le sue peculiari risorse, avrà maturato la consapevolezza necessaria a sapere che potrà farcela da solo/a anche in futuro.
Come il Mentoring può ispirare i Mentee a sviluppare un mindset orientato al cambiamento e a trasformare le sfide in opportunità di crescita?
Ammetto che questa domanda sia molto “tricky”…non sono sicura che il mentoring sia in grado di trasformare le sfide in opportunità di crescita in linea generale. Per alcuni, le sfide rimangono ostacoli, per altri sono spinte propulsive. Dipende tutto dalla singola persona. Quello che a mio avviso è il compito del mentoring è orientare il proprio percorso professionale, aiutare a “vederci un po’ più chiaro” e sapere che i traguardi possono essere raggiunti. Con la consapevolezza che ciascuno di noi ha un senso del “traguardo” diverso.
Qual è il ruolo delle soft skills nella costruzione di resilienza, e come un Mentor può guidare i Mentee nel coltivare queste competenze in un contesto lavorativo dinamico?
Dirò forse una cosa controcorrente ma la resilienza non si costruisce attraverso l’acquisizione e la messa in campo di soft skills. La resilienza, nella vita professionale come in quella privata, semplicemente si impara sul campo. Mi rendo conto che non è troppo poetico ma la verità è che una persona – chiunque – apprende ad essere resiliente a suon di cadute. A suon di fallimenti. A suon di frustrazioni. E a suon di risalite. Si diventa resilienti nel momento in cui ci rialziamo la 101esima volta dopo essere inciampati per 100. Non “acquisiamo” la resilienza come una competenza. Ma attraversando momenti negativi e nel superarli, sviluppiamo questa capacità.
Non ho una vera risposta quindi a questa domanda: non credo in fondo che un Mentor possa insegnare al Mentee a diventare resiliente. La cosa più onesta che possa fare, a mio modo di vedere, è dire: “Ti assicuro che cadrai. Ti assicuro che ci saranno dei momenti in cui ti sembrerà di toccare il fondo. E ti assicuro che potrai trovare le forze e le strategie per risalire. Sai, quando è successo a me io ho fatto così…” e condividere la propria esperienza. Ecco, forse solo la condivisione dell’esperienza è l’unico strumento.
Noi, come Mentor, siamo solo dei facilitatori per i Mentee: il percorso è tutto loro.